Un fenomeno di devianza giovanile: il bullismo

di Carmela Palmieri

Il bullismo rappresenta una tipologia di devianza giovanile oggi abbastanza diffusa e che spesso è presente nella cronaca. Questo fenomeno è molto frequente in ambito scolastico tanto da aver allarmato in Italia il Ministero dell’Istruzione con l’emanazione della Legge 29 maggio 2017 n. 71 “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo” e richiamato l’attenzione di psicologi, sociologi e pedagogisti. Il bullismo, non si verifica solo a scuola, dove emerge con particolare e maggiore evidenza e, può essere più facilmente codificato, perché va detto che esso non è il problema ma è la manifestazione di un disagio subito.

Il termine deriva dall’inglese bullying "prepotente", e indica quell’insieme di comportamenti con cui ripetutamente, con parole offensive o azioni violente, un soggetto prepotente vuole estendere il suo dominio su un’altra persona per sottometterla e dominarla, esercitando anche forme di vera tortura psicologica o fisica. Si tratta di una manifestazione dell’aggressività, messa in atto da bambini o da adolescenti e talvolta anche da adulti. Infatti il bullismo col passare del tempo si trasforma in tante forme di prevaricazioni sociali, lavorative e familiari attuate dagli adulti.

Il comportamento da bullo, come dice A. Fonzi “è un tipo di azione che mira deliberatamente a far del male o danneggiare; spesso è persistente, talvolta dura per settimane, mesi e persino anni ed è difficile difendersi per coloro che ne sono vittime. Alla base della maggior parte dei comportamenti sopraffattori c’è un abuso di potere e un desiderio di intimidire e dominare”.

Ogni atto di prepotenza di per sé non può essere inquadrato, genericamente, nella categoria del bullismo. Molti eventi, classificati come atti di bullismo non sono, quindi, tali, ma sono solo isolati atteggiamenti di prevaricazione che determinano un disagio socio-relazionale e ambientale interno alla scuola.

Il bullismo, infatti, si caratterizza per alcuni aspetti ben precisi. Anzitutto l’intenzionalità: il bullo agisce deliberatamente con lo scopo di offendere, danneggiare e umiliare un’altra persona; ma anche con la persistenza nel tempo e il disequilibrio nella relazione. In altri termini, di solito si tratta di atti ripetuti nel tempo e con una certa continuità da parte di un soggetto immaturo, che dal punto di vista fisico è in genere più forte della media dei suoi compagni, mentre al contrario, la vittima è un ragazzo fisicamente fragile su cui è facile esercitare violenza, senza timore di significative reazioni.

Altra caratteristica è che la vittima non gode del sostegno del gruppo: si sente isolata derisa, umiliata e spesso ha molta paura a confidare i torti subiti, perché teme che vengano attuate le rappresaglie e le vendette minacciate. Va detto che il bullo agisce di solito nell’ambito di un gruppo (scuola, luoghi di lavoro, comitiva di compagni) in cui vuole ostentare la propria potenza e forza. Per contro la vittima sviluppa una scarsa autostima con un notevole danno per la sua personalità, con progressivo isolamento dai compagni. Nei casi più gravi si possono avere nel medio e lungo termine conseguenze più serie come l'abbandono scolastico o peggio l’insorgere di patologie psichiche anche gravi.

Oggi poi con la diffusione di Internet ed in particolare di social network, e-mail, blog e siti molto frequentati dai giovanissimi, alla ricerca di identità e con la voglia di far gruppo, in cui è possibile pubblicare immagini e video, si verifica un’inedita manifestazione del fenomeno: il cyberbullying o bullismo elettronico attraverso cui il soggetto prepotente cerca la spettacolarizzazione delle sue azioni attraverso la rete. In questo caso l’aggressore invia con una certa frequenza ed insistenza messaggi molesti alla vittima tramite sms o in chat o la fotografa o la filma in momenti in cui non desidera essere ripresa, per poi inviare le sue immagini ad altri per diffamarla, minacciarla o comunque umiliarla e sminuirne la dignità.

Il fatto che i bulli in questo caso non esercitano azioni fisiche non è meno grave, perché un trauma di tipo psicologico può indurre un adolescente, che vive un momento difficile del suo processo evolutivo, anche al suicidio come unica via d’uscita, come è capitato ad esempio a qualche ragazza che, ripresa mentre amoreggiava con qualche coetaneo, si è uccisa per la vergogna.

Secondo diversi studiosi, tra cui Elena Buccoliero, il bullismo si distingue in diretto e indiretto . Nel primo caso il fenomeno è chiaramente osservabile perché vi è una relazione diretta tra vittima e bullo; esso può essere fisico, quando il prepotente aggredisce la vittima fisicamente con colpi, calci o spintoni, oppure attua o cerca di attuare molestie sessuali; verbale se l’aggressore si limita a prendere in giro la vittima, dicendole frequentemente cose cattive e spiacevoli o chiamandola con soprannomi lesivi della sua dignità, offensivi e sgradevoli, ad esempio “schiappa”, “gay”, “mezzacartuccia” etc. o minacciandola; o psicologico nel caso in cui volutamente si fa sentire una nullità il soggetto vittima, non solo escludendolo sistematicamente dalla vita di gruppo, ma comunicandogli con l’indifferenza il disprezzo del gruppo, che tra l’altro mette in giro voci false sul suo conto per denigrarlo.

Più sottile e difficile da individuare è il bullismo indiretto, ma non per questo meno dannoso. Si tratta di episodi che, pur non avendo nessun atto esplicito di prepotenza, mirano deliberatamente all'esclusione dal gruppo dei coetanei, ignorando sistematicamente il soggetto, il quale finisce per dar credito alle voci maligne sviluppando una scarsa autostima e un forte senso di frustrazione.

I bulli maschi sono maggiormente inclini al bullismo diretto, mentre le femmine a quello indiretto.

Nel recente rapporto annuale dell’Eurispes – Telefono Azzurro sui minori (fra i 7 e gli 11 anni) riguardante il bullismo che diventa sempre più minaccioso per la società, si evidenzia che oltre un quarto dei bambini italiani e circa il 20 % degli adolescenti rivelano di essere stati vittime di azioni di bullismo nel corso dell’ultimo anno, in particolare con offese immotivate (il 27,2 %), provocazioni o prese in giro (il 28,1%); il 10,3 % è stato oggetto di percosse; il 10,1% minacciato, il 9,4 % denuncia furti di cibo o oggetti; sul 21,9 % dei bambini sono state diffuse informazioni false o cattive e il 17 % si sente isolato ed escluso. Va tenuto presente che alcuni di loro hanno subito più di un tipo di sopraffazioni. Per quanto riguarda il bullo nel 25,4% dei casi è un coetaneo, spesso un maschio (17,7%), ma anche le femmine compiono atti di bullismo (al 7,7 %). Nel 9,2 % l’atto di bullismo viene commesso da un gruppo (gruppi misti 3,5 %, solo maschi 2,9%, solo femmine 2,8%). Abbastanza preoccupante è che questo atteggiamento è raddoppiato, in un anno: fra i bambini dal 5,1 % del 2008 all’11,1% del 2009 e fra gli adolescenti è aumentato dal 12,1 % al 19,5%.

Le cause primarie di tale fenomeno di devianza non sono da individuare solo nella personalità del giovane bullo o riconducibili al solo fatto che i ragazzi si annoiano e non sapendo come impiegare il loro tempo commettono simili atti di violenza; ma vanno individuate particolarmente nei modelli familiari sottostanti, negli stereotipi imposti dai mass - media e più in genere, nella società di oggi a volte disattenta alle autentiche relazioni sociali. Basti pensare a quanti genitori, presi dal troppo lavoro, sono assenti dalla vita dei loro figli, ignorandone le problematiche e limitandosi a colmarli di regali, credendo così di adempiere al loro compito di padre o di madre. Ma anche i bulli hanno un retroterra umano e psicologico carente perché sono bambini o adulti che non sanno riconoscere i propri sentimenti e che spesso hanno a loro volta problemi e sofferenze importanti. Essi sfogano il loro malessere su altri individui innocenti. Infatti hanno spesso problemi in famiglia o di tipo relazionale all’interno della scuola; perciò compensano questi loro disagi con il voler mettersi in mostra e dimostrare che sono più forti di quelli che ai loro occhi appaiono più fragili. E’ proprio il fattore ambiente/cultura ad influenzare maggiormente tali comportamenti.

Un rapporto deteriorato tra l’adolescente e la famiglia, o le varie agenzie educative determina una mancata acquisizione delle norme culturali di convivenza, per cui il processo di socializzazione ed integrazione, tanto necessario ad ognuno, assume i contorni della patologia sociale o psicologica che induce a comportamenti provocatori, spesso al fine di richiamare l’attenzione degli adulti, assenti o distratti o addirittura essi stessi causa di gravi tensioni all’interno del nucleo familiare. La mancata introiezione delle norme sociali va di pari passo con il non aver interiorizzato le norme morali; per cui il bullo è inaffidabile sotto il profilo etico e i suoi comportamenti deviati creano allarme sociale. I suoi atteggiamenti eticamente riprovevoli poi possono trarre alimento anche dalla più grande illusione della modernità: l’esaltazione della libertà e del rischio, che si trasforma nell’esaltazione della forza fisica fine a se stessa. La violenza diventa per il bullo il normale mezzo di comunicazione e di rapportarsi con gli altri ed anche lo strumento con cui crede di risolvere nel modo più semplicistico i suoi problemi.

Egli ha perso il senso della norma etica e giuridica e crede che la violenza sia la via più semplice ed efficace per ottenere ciò che si desidera: l’altro ai suoi occhi è solo un ostacolo da rimuovere per il pieno soddisfacimento dei suoi desideri. Dunque anche i bulli hanno bisogno di aiuto. “La punizione serve a poco. È necessario trovare un percorso riabilitativo”, come afferma l' ex magistrato Gherardo Colombo. E secondo Raffaele Morelli, psichiatra, “l’antidoto al bullismo è la creatività. Basterebbe questo per fermare le violenze”.

Il bullismo che da Pisciotta ed altri viene definito come “il fenomeno delle prepotenze perpetrate da bambini e ragazzi nei confronti dei loro coetanei soprattutto in ambito scolastico”, in realtà è un fenomeno multidimensionale, di cui la prepotenza è solo una componente. Infatti esso a scuola non coinvolge solo i prepotenti e le vittime, ma l’intera classe, i cui componenti costituiscono una terza categoria, quella degli spettatori che assume un ruolo non secondario nella legittimazione di tali condotte.

Il bullismo dei giorni nostri, a differenza di quello passato, che si manifestava solitamente nei ragazzi dei ceti sociali svantaggiati, è un fenomeno non circoscritto a nessuna categoria, né sociale, né tantomeno anagrafica, perché coinvolge preadolescenti e adolescenti appartenenti ai più diversi ambienti socio-culturali.

Infatti i comportamenti da bulli oggi non riguardano solo le zone periferiche delle grandi città o gli appartenenti alle classi meno abbienti, ma possono manifestarsi sia nei quartieri periferici sia nelle zone residenziali; pertanto le analisi del passato per individuarne le cause appaiono in buona parte obsolete; esse vanno cercate nelle dinamiche sociali e psicologiche proprie della società odierna. Non valgono più le equazioni e semplificazioni: ragazzo di buona famiglia uguale bravo ragazzo e ragazzo di strada o di periferia uguale cattivo soggetto, anche perché il diffondersi dei mezzi di comunicazione e dei videogiochi in tutti gli strati sociali e dei valori e modelli ad essi sottesi creano una certa omogeneità nella “cultura giovanile” e nei suoi modelli, così come la crisi della struttura familiare è un fenomeno trasversale a tutti i ceti.