Una manifestazione di devianza giovanile: la dispersione scolastica

di Carmela Palmieri

La dispersione scolastica costituisce uno dei più gravi e preoccupanti fenomeni nel mondo dell’istruzione, specialmente in alcuni territori delle regioni del nostro meridione dove il tasso di abbandono degli studi è molto elevato con la conseguente mancanza dell'adempimento dell'obbligo di istruzione, previsto dalla Costituzione italiana e dalla legislazione scolastica vigente.

Con il termine dispersione scolastica s’intende una serie di eventi che determina l’interruzione o il rallentamento nell’iter scolastico e che nella sua estrema manifestazione portano all’abbandono vero e proprio della scuola o “drop out”, cioè alla rottura drammatica e definitiva del processo culturale, sociale ed esistenziale dell’alunno. “Il problema... è sicuramente un fenomeno dalle cause complesse e per molti aspetti drammatico, perché rappresenta un sintomo della disaffezione, del disinteresse e della noia, con cui tanti adolescenti si pongono nei confronti della carriera scolastica….vissuta più come obbligo esterno (familiare, sociale), che interno (crescita, acquisizione di saperi, capacità...) per realizzarsi come persona” (1).

Tra questo aspetto deviante, vi sono molti legami con il fenomeno del bullismo, perché il bullo spesso, poco motivato negli studi, prima o poi può essere indotto ad abbandonarli e comunque la sua azione di disturbo non solo può rendere poco gradevole l’ambiente della classe, ma è anche una delle cause per cui le sue vittime si allontanano, spesso definitivamente, da una angosciosa esperienza di vita scolastica. Va sottolineato inoltre che dietro il fallimento scolastico si cela spesso una condizione familiare e sociale poco propensa alla vera realizzazione culturale dei propri ragazzi. Devono essere distinte tre forme diverse di dispersione: l’autoselezione, cioè l’abbandono della scuola da parte dello studente che non trova valida per se o comunque gratificante la formazione culturale; la selezione vera e propria da parte dei docenti attraverso la bocciatura e l’emarginazione culturale o promozione apparente, con la non avvenuta acquisizione da parte degli alunni “delle competenze minime che permetterebbero loro di inserirsi con successo nelle sempre più complesse realtà lavorative della società attuale”. (2)

Secondo F. Buccino, i fattori che solitamente sono connessi alla dispersione scolastica presentano due tipologie:

  • Fattori esogeni riconducibili allo stato socio-economico-culturale della famiglia, che possono indurre all’abbandono dell’esperienza scolastica per varie motivazioni, quali l’assenza della famiglia stessa, divisa o disgregata o addirittura inesistente, il basso reddito, il livello d’istruzione dei genitori che non sempre sono in grado di seguire i ragazzi in difficoltà e che a volte hanno disistima per la scuola, considerandola “una perdita di tempo” e invogliando i propri familiari a lavori in nero. E’ facile immaginare come in alcune famiglie a basso reddito si fa affidamento anche sul lavoro del minore quando le entrate economiche non sono stabili o sufficienti.
  • Fattori endogeni riconducibili all’inefficienza e inadeguatezza delle strutture scolastiche, della didattica e dei contenuti culturali che appaiono poco significativi e distanti dalla vita reale agli occhi degli alunni. Quando, per qualsiasi fattore, esogeno o endogeno si sviluppa una condizione di malessere non episodico, si può parlare di disagio scolastico, intendendo con tale espressione una situazione di invivibilità all’interno della vita della classe sul piano relazionale, comportamentale e dell’ apprendimento. E’ infatti una condizione che coinvolge tutte le componenti educative e sociali, determinando una situazione negativa non solo per lo studente, ma anche per gli insegnanti, la famiglia e per l’ambiente sociale, creando come conseguenza soggetti con scarsa alfabetizzazione. Per evitare la dispersione bisogna prevenire o curare il disagio perché, secondo gli esperti, in tale ambito vi sono ancora “spazi di manovra e azione”.(3)

La scuola italiana, grazie ad alcuni interventi ministeriali nella giusta direzione ed alla collaborazione con enti ed associazioni del territorio sta avviando pratiche ed attività di orientamento per prevenire e contrastare tale fenomeno. E’ fondamnetale progettare perché tutti, o quasi, gli alunni compiano con successo fino in fondo l’iter formativo quale piena attuazione del diritto allo studio, diritto spesso disatteso nel nostro Paese. E’ necessario attuare una “rivoluzione copernicana” cioè passare dalla centralità dell’istituzione scuola a quella dei soggetti dell’apprendimento: gli alunni , come previsto dai contributi pedagogici e dall’iter normativo in materia di inclusione scolastica. Il più delle volte infatti la dispersione nasce da “un disagio del ragazzo, da una sua sofferenza che non si vede, che è dentro di lui e che noi siamo portati a valutare secondo giudizi avventati”. (4)

Secondo le più avvedute prospettive pedagogiche in caso di disagio scolastico, la didattica deve essere individualizzata, perché il potenziale di apprendimento varia da soggetto a soggetto; esso è “il prodotto composito e integrato di elementi biologici, contestuali e culturali, che si esprimono nella relazione tra la dimensione intrapersonale e quella interpersonale, tra il mondo interno e il mondo esterno del soggetto”(5). Pertanto alcuni pedagogisti e psicologici americani hanno coniato il termine di stile cognitivo, che indica il particolare modo con cui ciascun fanciullo o ragazzo seleziona ed elabora le nuove informazioni acquisite.

Gli psicologi cognitivi sono certi che i bambini adottano differenti stili e strategie di apprendimento, ma non concordano su quali definire migliori. Significative le considerazioni di Luciano Corradini, ordinario di pedagogia generale dell’università di Roma Tre, il quale nota che il disagio scolastico è studiato da più di un secolo sia dalla sociologia che dalla psicologia e a fasi alterne “le responsabilità degli insuccessi sono state attribuite all’individuo o alla società, alle determinanti biologiche o a quelle sociali della personalità. In particolare si è sviluppata una lunga disputa, su basi empiriche, non meno che ideologiche, tra chi privilegiava i fattori innati e chi quelli acquisiti...”(6) Non bisogna accreditare come risolutiva nessuna di queste ipotesi, poiché l’apprendimento è un’operazione che presuppone una serie di precondizioni sociologiche e psicologiche, che stanno alla base della motivazione scolastica.

Per affrontare il problema adeguatamente occorre una sinergia tra l’azione dei politici, quella degli esperti, degli insegnanti e delle famiglie per rimuovere gli ostacoli che sono di varia natura, sociologici, psicologici, ambientali, ma anche biologici. Bisogna scegliere le strategie più adeguate individualmente. A scuola, ogni studente deve recarsi con serenità, sapendo che è un luogo in cui potrà vivere esperienze di amicizia, compiere un importante e personale cammino di crescita, di formazione della persona, e di acquisizione insieme ai compagni di un bagaglio culturale e relazionale, che caratterizzerà il resto della sua vita. Il rispetto della dignità della persona, anche quella dei bambini e degli adolescenti, la consapevolezza che la formazione è un processo dinamico che ha i suoi tempi e le sue fasi di maturazione.

L’alunno è chiamato ad essere protagonista attivo del suo processo di apprendimento e non soggetto passivo; questi sono i fondamenti di ogni percorso educativo che deve coinvolgere non solo la scuola, ma anche i genitori, che sono i primi educatori, al fine di formare individui armonicamente equilibrati e cittadini consapevoli dei loro diritti-doveri.


  1. Esposito, Bullismo perchè, Sovera, Roma, 2009
  2. Smiraglia S. & Strollo M. R., Gli anni-ponte dalla media alla superiore: la progettazione didattica in contesti a rischio di dispersione, in A. Cunti., La dispersione scolastica, Pensa Multimedia Editore, Lecce, 1999.
  3. Batini & Mongelli, Una dama è una dama, una fioraia è una fioraia, in La scuola che voglio, pp. 25-26.
  4. Orefice , Progettualità interistituzionale, in La Dispersione scolastica, Atti del seminario Nazionale di aggiornamento Punta ala (Gr), p, 73.
  5. Striano, Cognizione e metacognizione nell’apprendimento-insegnamento, in Cunti A., (a cura di), La dispersione scolastica, Pensa Multimedia Editore, Lecce, 1999
  6. Corradini 1989, Una lettura pedagogica della dispersione scolastica, in La Dispersione scolastica, Atti del seminario Nazionale di aggiornamento Punta ala (Gr), Istituto Enciclopedia Italiana, Roma, 1989